Articoli e Libri di interesse

Articoli e libri di interesse.

Lingue dei segni o linguaggio mimico gestuale?

Giuseppe Gitti

Comunicare, Luglio 1997

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La Parola non nasce in bocca

Giuseppe Gitti

I Care n.4, anno 28, 2003

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L'apprendimento della lingua nel bambino sordo profondo: protesi acustica o impianto cocleare?

Giuseppe Gitti

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Udire per capire o capire per udire?

Gitti, G., Tempestini, M., Cicchi, S., Paoli, V.

I Care n.4, anno 34, 2009

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LIS, mito o realtà?

Gitti G., Rappuoli L., Cicchi S., Paoli V.

I Care n.4, anno 34, 2009

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L'oralismo di oggi

Giuseppe Gitti

Parliamone, 10, 1977

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L'abilitazione/educazione del sordo profondo: protesi ed impianto

Giuseppe Gitti

Dal Congresso "Metodiche per la diagnosi e trattamento della sordità e terapia fisica della vertigine", Firenze, 18 settembre 2010

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Sordità e apprendimento della lingua - Giuseppe Gitti

Sordità e apprendimento della lingua L’esperienza quarantennale e l’opera di Giuseppe Gitti nel difficile compito dell’educazione di un sordo, tra nuove possibilità offerte dal progresso tecnologico e illusioni. Un’opera che si pone come obiettivo “una vera e profonda comunicazione” da parte del sordo.

Per informazioni: i.care@libero.it

Recensioni Non è facile. Non è un libro facile e non è facile farne la recensione. Come scrive l'autore, citando Wittgenstein, "comprenderà forse questo libro soltanto chi già a sua volta ha pensato i pensieri ivi espressi". È, in effetti, una raccolta di indicazioni tecniche principalmente dirette agli addetti al settore che io, come mamma, ho capito grazie alle numerose volte in cui sono andata a chiedere spiegazioni, conforto, riflessione su ciò che stava accadendo a mio figlio. È per questo che leggendo e, a volte, rileggendo le varie affermazioni ritrovo le parole dettemi, in maniera semplificata dall'autore, che è anche il Direttore del centro dove fortunatamente porto mio figlio, nei vari colloqui "di sostegno". Non mi dilungo nell'analisi dettagliata delle singole tematiche toccate (distinzione tra sordi prelinguali e postlinguali, protesizzazione, protocollo naturale per apprendimento della lingua, accentramento intorno al bambino e al deficit, non all'handicap, L.I. S., disturbi associati e non) perché non in grado e perché lascio il piacere di "ascoltare" direttamente le parole dall'autore e apprezzarne l'importanza, scoprirne il valore passo dopo passo. Sottolineo soltanto,che, nella sua complessità il libro offre una ricchezza di spiegazioni e approfondimenti, completati anche dall'allegato dvd, che spaziano in ogni settore interessato quando si presenta una sordità o un disturbo del linguaggio: medico, tecnico-protesico, logopedico, linguistico, neuro-pedagogico, sociale. È per questo motivo che non solo dovrebbe essere letto da chi è professionalmente coinvolto, ma dovrebbe essere adottato come "guida", come testo di studio nei vari centri di diagnosi, riabilitazione, socializzazione, educazione e potrebbe far capire finalmente, nella sua ben articolata esposizione, cos'è la sordità, chi è il bambino sordo, cosa prova e quale è la strada da intraprendere per aiutarlo. L'autore ha chiesto nelle prime pagine non solo un giudizio estetico "ma di verificare nella realtà se quello che dico è vero o falso". In fervente attesa che il mondo della ricerca scientifica e chi "di dovere" si senta chiamato in causa per aprire perlomeno un dibattito, io, "comune mortale", con i miei 11 anni di discussioni, scambi di esperienze con altri genitori, osservazione di bambini sordi (il mio molto intensamente per tempo ed impegno), approfondimenti, confronti con addetti ai lavori, posso esprimere il mio umile appoggio e, se mi è consentito, citare qui di seguito un testo poetico moderno che sembra scritto per il prof. Gitti: "E nella luce pura vidi migliaia di persone, o forse più. Persone che parlavamo senza emettere suoni, persone che ascoltavano senza udire, persone che scrivevano canzoni che le voci non avrebbero mai cantato e nessuno osava disturbare il suono del silenzio. ' ingenui ', io dissi, 'voi non sapete che il silenzio cresce come un cancro, ascoltate le mie parole che io posso insegnarvi, aggrappatevi alle mie braccia che io posso raggiungervi. Ma le mie parole caddero come gocce di pioggia e riecheggiarono nei pozzi del silenzio".(Simon & Garfunkel)

Barbara G.

Il libro è corredato da una prefazione di Florida Nicolai, Professore associato di linguistica presso l'Università di Pisa e da una presentazione di Oskar Schindler in quarta di copertina. Sono più di quarant'anni che Giuseppe Gitti segue bambini e giovani sordi nel loro percorso educativo e ri­abilitativo, quarant'anni che, secondo l'insegnamento del suo maestro Don Milani: "E' solo la lingua che ci fa uguali", si adopera per dar loro la parola "da lui sempre posta... quale obiettivo etico" (dalla prefazione di Florida Nicolai). L'apprendimento del linguaggio, dice Gitti, non dipende esclusivamente dall'udito, ma dall'interazione di tutte le percezioni sensoriali: "l'apprendimento della lingua è il risultato di un processo psicofisico molto complesso che non può essere determinato dalla funzionalità di una parte, ma di tutto il sistema uditivo e dalla possibilità del sistema di integrarsi con gli altri sistemi", è quindi "il risultato di un processo interattivo neuro-sensoriale-cognitivo" . La trattazione relativa alla modalità di apprendimento della lingua è molto esauriente. Anche se si tratta di concetti che dovrebbero essere ormai acquisiti da tutti quelli che intervengono nella n-abilitazione del sordo, sappiamo benissimo che purtroppo non sempre è così. "Esistono nel libro aspetti per i quali possono esservi pareri parzialmente o totalmente discordi", commenta in quarta di copertina Oskar Schindler, "come nel caso delle lingue segniche, certamente oggi superate in un loro impiego esclusivo, ma non per il loro eventuale aspetto propedeutico o di supporto". Ancora più discordi, a nostro avviso, sono certamente i pareri espressi da Gitti sull'impianto cocleare, con argomentazioni che non sempre tengono conto di quanto sentiamo dagli audiologi sui diversi risultati nel bambino piccolo o nell'adolescente o adulto. Certamente, come sottolinea ancora Schindler, "il progresso tecnologico ha offerto nuove possibilità, ma talora anche illusioni che hanno fatto trascurare o dimenticare quanto sia difficile l'educazione di un sordo", ma Gitti non è forse troppo pessimista sull'operato dei medici? E' proprio vero che i genitori o le persone sorde stesse non vengano sufficientemente informati dai medici che operano nei centri più qualificati?

Emi Bonadonna (da Parliamone n.52/53 2008)

L'ho scritto nel forum del mio sito, tra le recensioni bibliografiche; lo riporto volentieri anche qui, dedicando ai logopedisti l'ultima frase che leggerete: "Sordità e apprendimento della lingua", di Giuseppe Gitti. Franco Angeli Editore. Un libro che parla di sordità, rimedi protesici e abilitazione-riabilitazione, fuori del coro, fuori delle mode e delle regole dettate da chi stabilisce il da farsi in questo settore. Un libro che presenta temi di linguistica, comunicazione, lingua e linguaggio, nelle loro esatte e complete definizioni, fondendo le nozioni e le cognizioni relative all'apprendimento, alle abilità percettive, cognitive, motorie, con le nozioni e le cognizioni relative alla funzione uditiva, alle sue alterazioni ed ai rimedi alle sue patologie. Un libro che dovrebbero leggere ed assimilare non solo coloro i quali lavorano sulla sordità, ma tutti gli operatori del settore della riabilitazione ed i cultori della comunicazione. Massimo Borghese Leggo a pag.103: La logopedia non è una tecnica. Non è nemmeno arte, non è fantasia, non è creatività, ma è una scienza che si applica con arte, con fantasia, con creatività e, anche a costo di essere banale, con amore.

Massimo Borghese

Ho letto con grande interesse e crescente compiacimento il libro “Sordità e apprendimento della lingua” del prof. Gitti. Da foniatra che ha sempre cercato di studiare ed interpretare con visione globale e non settoriale, i fenomeni legati alle comunicopatie, cercando di evitare facili scivolamenti in correnti, filoni, e prese di posizioni preconcette, non ho potuto fare a meno di apprezzare quanto scritto in questo libro. Bellissima la prefazione di Florinda Nicolai, che proietta in una dimensione linguistica e globale, un fenomeno, quale la sordità, ancora oggi e da molti confinato in spazi scientifici e concettuali troppo limitati perché lo si possa comprendere ed affrontare adeguatamente, e rimarca nel contempo il significato del lavoro di Giuseppe Gitti. Quanto al contenuto del libro, è fortemente apprezzabile il progredire della trattazione tra linguistica e affrontamento dei diversi problemi relativi alle definizioni diagnostiche, alle scelte protesiche, alle modalità abilitative-riabilitative, tutti temi ancora lontani dall'aver trovato definitive e chiare risposte. Aggiungerei infine che è un libro da consigliare non soltanto a chi lavora con i sordi e nel mondo della sordità, ma a tutti gli operatori del settore della riabilitazione, data l'ampia visione di contenuti utili alla formazione e all'aggiornamento di ogni figura professionale che agisce nell'ambito delle comunicopatie.

Massimo Borghese

Sordità e apprendimento della lingua: un problema audiologico o cognitivo? Protesi acustica e/o impianto cocleare: per udire, per sentire o per capire? DSA: disturbo neurobiologico o cognitivo? LIS: mito o realtà? LIS: lingua o linguaggio? Integrazione: fine e strumento dell'integrazione “E' solo la lingua (la lingua di tutti) che ci fa eguali” L'udito: funzione primaria o secondaria per l'apprendimento della lingua (e della lettura e della scrittura)? L'udito serve per imparare a parlare o per riconoscere il parlato? I metodi. E' possibile raggiungere gli stessi risultati con metodi completamente diversi? Esiste un solo metodo per imparare: quello “naturale”. Il sordo profondo può imparare “naturalmente” la lingua: teorie e pratica. Un libro che ci consente di “capire” la sordità, ma che non parla della sordità, ma della persona sorda. Un DVD che ci fa “conoscere” la sordità e sperimentare che le strategie di comprensione di sordi e udenti sono qualitativamente uguali. Un libro “scomodo” che mette in discussione a livello teorico e pratico tanti presunti “dogmi” e ci costringe a riflettere sugli attuali protocolli protesici e riabilitativi. La possibilità di comprendere e parlare “senza udire”, può e deve far riflettere tutti coloro che si occupano a livello teorico e pratico di lingua, di ri-abilitazione, di educazione e di rapporti fra lingua e cervello. Un libro che valorizza il ruolo dei genitori e il lavoro di tutti gli operatori (logopedisti, audiologi, neuropsichiatri, insegnanti, psicologi, linguisti, pedagogisti, neuropsicolinguisti, assistenti sociali) Un libro utile agli amministratori per predisporre razionalmente servizi e previdenze. Un libro chiaro, coraggioso, diverso, controcorrente che sollecita gli operatori a verificare la coerenza fra la teoria e la pratica. Una illuminante prefazione della Prof. Florida Nicolai del Dip. di Linguistica dell'Università di Pisa.

S. Cicchi – C. Morozzi – V. Paoli

Giuseppe Gitti,che i Lettori di questa rivista conoscono anche come autore di articoli sempre importanti e di notevole impegno per l'educazione dei sordi, ha profuso in questo volume buona parte della sua esperienza nel campo dell'insegnamento sia agli stessi sordi, nel Centro da lui fondato e diretto a Firenze e sia come docente per la formazione scientifica e tecnica dei futuri insegnanti dei sordi. Il volume, dopo un'attenta introduzione di Floridia Nicolai, docente di Linguistica e Neurolonguistica nell'Università di Pisa, elabora il ricco materiale presentato al lettore e le osservazioni spesso personali ed esposte in prima persona, secondo sette linee di sviluppo e di riflessione, che vengono qui riportate: Il metodo naturale L'impianto cocleare Gli indizi Dis- e sordità L'abilitazione La logocromia Linguaggio o lingua dei segni All'interno di queste elaborazioni sono presentate affermazioni che al primo impatto possono apparire paradossali, ma si rivelano poi come modalità particolari di affrontare i diversi problemi a volte nuove e a volte inerite in contesti inusuali. Questo non significa che si debba aderire a tutte le idee, e sono tante, che si trovano espresse nel volume, ma che non si può non tenerne conto. In quanto vanno riconosciuti all'Autore - e questo sì, e da tutti – una coerenza di impostazione del proprio lavoro, tecnica, teorica e organizzativa, non settaria, ma vissuta e ragionata, che trova pochi esempi nella storia dell'educazione dei sordi. Ciò detto, e preso atto delle posizioni assunte di fronte all'impegno comune della riabilitazione che il Gitti definisce abilitazione del sordo, contenute in questo volume, ognuno si affiderà alla propria esperienza e alle proprie conoscenze, in un campo in cui la decisione finale dovrebbe appartenere ai diretti interessati, prima la famiglia e poi agli stessi sordi, senza indulgere, come spesso si è fatto, a pregiudizi ideologici oppure a soluzioni di convenienza. Al volume è allegato un DVD che contiene a sua volta un materiale di notevole interesse, di cui qui si riportano i titoli: Il sordo profondo non ode ma sente La lettura labiale Oltre la parola sentire, vedere, capire Provate anche voi! La bibliografia che documenta degnamente il lavoro, si estende per ben cinque pagine e si può ritenere completa. Chi scrive è amico di Beppe Gitti , e pur con competenze diverse in altri settori di ricerca sulle sordità infantili, è lieto di esprimergli un parziale ringraziamento per aver voluto mettere a disposizione di una più ampia cerchia di persone interessate così gran parte della sua esperienza lasciando a lui stesso la parola conclusiva. “Aldilà delle differenze metodologiche e delle utili e costruttive discussioni, tutti siamo consapevoli che, se protesizzati, impiantati e abilitati tutti i sordi profondi senza gravi turbe associate, hanno la possibilità di raggiungere una adeguata competenza linguistica e di vivere in quanto non sordi con la S maiuscola, ma in quanto persone nella loro famiglia, nella loro scuola e nella società di tutti”. Il volume va comunque letto con attenzione ed eventualmente discusso nel complesso delle sue molte proposizioni. I diritti di Autore di questo volume saranno devoluti all'Associazione “La sordità non ha colore, per la costruzione di un istituto per bambini sordi in Congo, di cui Gitti si è fatto da tempo promotore, com'è ricoldato in diversi numeri di questa rivista. Giuseppe Gitti è fondatore nel 1969 ed è Direttore del CRO (Centro Rieducazione Ortofonica) di Firenze, è direttore della Rivista I CARE, ha insegnato in varie Università e in corsi di specializzazione. E' autore di molti scritti – articoli e volumi – sui problemi dei sordi e della loro educazione.

(Enrico Cimico – “L'educazione dei sordi” Anno 2008, n. 1 Pag. 35)

È un libro per chi non solo ha pratica con bambini o persone sorde, ma ha compreso che essi ci insegnano il valore profondo della parola. L'autore cita Don Milani "È solo la lingua che ci fa eguali". Gitti ci porta, attraverso le sue esperienze, ad interrogarsi sulla modalità (educare o rieducare? abilitare o riabilitare?) attraverso le quale ci poniamo con bambini che portano apparecchi acustici (interni o esterni). Il DVD conduce la persona udente ad avvertire, almeno in modo parziale, quale potrebbe essere il modo di percepire di una persona sorda. Le considerazioni riportate nel libro richiedono pensiero, rielaborazioni, attenzione critica al nostro operato giornaliero

Giulia Cremaschi Trovesi

A me è piaciuto come sempre mi piace quello che lei scrive. Nel senso che è scritto con esemplare chiarezza, onestà, coraggio... E' unico perchè lei è l'unico a mantenere il baricentro in questo pantano di interessi che sappiamo. E' diverso da qualunque altra cosa si legga a proposito di sordità. Da' respiro, fiducia nella persona, apertura, autonomia di pensiero. E' veramente un viaggio. Completo, intelligente, chiaro, senza neppure l'ombra di tutti quei retrogusti cui siamo abituati. Diciamole le cose!! E' l'ora. E solo lei le può dire così. Perchè le sa, ha tutta l'esperienza necessaria e perchè se ne frega di tanti vincoli e laccetti che frenano il volo a molte persone.

Daniela Rossi

IL PERCORSO DI GITTI E’ FERMO A MEZZA VIA Il libro è prefato dalla prof.ssa Florida Nicolai, docente di Linguistica Generale e di Neurolinguistica all’Università di Pisa. Non è un caso che l’autore si sia rivolto a tale docente che, è evidente, utilizza talvolta nell’esposizione come cassa di risonanza per le sue teorie. Molte sortite sono contraddittorie, o volutamente forzate. Talune affermazioni si rivelano opinioni alla buona, annoverando che le «lingue dei segni» sono linguaggi gestuali (sic). Spara definizioni talvolta col supporto di studiosi, tal altra no, scopazzando pareri qua e là. Ma chi è Gitti? Nella quarta di copertina troviamo un nutrito curriculum in cui si evince «logopedista, docente presso l’Università degli Studi di Firenze dal 1978 (…), adesso insegna nei corsi di Laurea in Logopedia, Neuro e Psicomotricità, Tecniche Audiometriche, Tecniche Audioprotesiche….» e altro ancora. La locandina non specifica il titolo di laurea conseguito perché, senza presunzione, notiamo nel suo lavoro tutto lo scibile e il contrario di tutto. Per interpretarne il saggio ci è utile il contributo iniziale della Nicolai guidandoci nella lettura. Gitti non chiarisce sino in fondo, col supporto scientifico, la comunicazione, il linguaggio e la lingua. Egli precipita in una «santa confusione» interpretativa caratteristica di coloro che, raggiunto qualche successo, credono che il merito sia tutto delle proprie teorie, dell’opporsi a chi la pensa o lavora all’opposto. Il fatto di non attribuire lo status di lingua alla lingua dei segni confonde e getta dubbi su tutto il saggio, sul fatto di affermare che i sordi non ci sono o che nessuno è sordo, senza però scrivere la differenziazione tra la cognitività dell’ascolto del codice psicoverbale e il semplice “sentire”. Scrive il Nostro più che ovvietà; per esempio, «la parola non nasce in bocca». Se avvenisse tout-court il bambino udente inizierebbe ad utilizzare la parola significativa appena nato, invece, come tutti riconoscono, per appropriarsi della parola della maggioranza udente deve sostenere un lungo processo che implica il sostegno psicocognitivo e articolatorio per l’acquisizione della maturità fonologica. La stessa Borel-Maisonny, fondatrice della logopedia francese che lavorò a fianco della psicologa D. Bouvet a cavallo degli anni Settanta del secolo scorso per l’integrazione del piccolo sordo nella struttura scolastica mista, vale a dire insieme ai ragazzi udenti, annotò che parlare equivale a segnare, l’articolazione è «segno». Se non fosse vero noi sordi non saremmo in grado di labioleggere le parole che sono pronunciate dal parlante; mentre nell’udente il parlare è sollecitato dall’udire e il canale acustico si appropria di governare l’autocorrezione fonologica. Gitti non lo afferma riprendendolo da Padre Arturo Elmi (1988, p. 121): «La percezione non appartiene all’orecchio, ma all’intelligenza». Vero. Allora non si può ammettere che il sordo ha intelligibilità della percezione sonora. Qui entra in gioco il sistema percettivo visuomanuale che Gitti non ha mai voluto sperimentare nell’acquisizione del linguaggio. Se avesse avuto l’umiltà di conoscere la lingua dei segni ne avrebbe compreso le funzioni sulla falsariga delle ricerche di Giacomo Rizzolatti e colleghi dell’Università di Parma, che hanno individuato delle aree specifiche nella struttura cerebrale denominate «neuroni specchio». Gitti non spiega a sufficienza perché nel sordo la lingua è assente. Per lui, come per altri, è mancanza d’esposizione alla comunicazione verbale; perciò ammette che il sordo segna, usa i gesti, perché non ha capacità articolatoria di creare la propria parola verbale. E’ un’ipotesi sposata da molti neurolinguisti e psicologi. Questo è vero in parte: il sordo procede alla ricerca di una lingua perché sviluppa il processo simbolico visivo degli oggetti prima di identificarli nel codice verbale fornito dalla comunità di maggioranza (dall’ambiente). La lettura di J. Piaget diviene allora fondamentale per inoltrarci nel cognitivismo del bambino udente: e questa conoscenza di base diventa ancora più utile nel bambino sordo. Questi non è aiutato a condividere il codice visuomanuale proprio nel processo cognitivo, lo si addestra all’articolazione considerando la stessa quale principio di acquisizione della parola vocale che, alla lunga, diviene stress condannando il piccolo a produrla, carente com’è dell’autoascolto, della gratificazione e del gioco vocale; allora finisce per abbandonare ciò che gli è imposto, che chi gli è dintorno giudica “normale” solo perché è caratteristica della maggioranza. Gitti è estroverso ed efficace nel formulare frasi ad effetto, ma alla lunga limitanti per essere sostenute da teorie sperimentate, diventando generiche. Riprende L. Wittgenstein dal prof. Tullio De Mauro: il filosofo del linguaggio ammetteva che «comprenderà forse questo libro soltanto chi già a sua volta ha pensato i pensieri ivi espressi». Di fatto si potrebbe assicurare che la concettualizzazione della dialogicità verbale è prerogativa solo di chi l’ha sperimentata. Molti logopedisti lavorano proprio su questo e non su altro (cfr Renato Pigliacampo, Lettera a una logopedista, Edizioni Kappa, 2a edizione 2008). La verità è che il bambino sordo ha necessità di completarsi nell’utilizzazione del canale visivo. Oggi è assodato che il suo recupero al linguaggio (non per questo focalizzato sul codice verbale) passa per la globalità di stimoli linguistici plurisensoriali. Gitti è bravo a contraddirsi e tirare di fino. Riprende per esempio la seguente definizione di E. Claparéde: «Non è tirando la coda ad un girino che lo si fa diventare più presto un ranocchio». Va a pennello per azzittire tanti giri di parole. Possiamo rovesciarla così: non basta addestrare i sordi all’articolazione, farli parlare se non acquisiranno le capacità di ideare loro stessi i segni della lingua nel momento in cui la parlano. Perché essa è anche struttura grammaticale sostenuta dai processi cognitivi. Questa riflessione sulla lingua verbale, che dovrebbero parlare i sordi, fa dimenticare a troppi logopedisti e psicolinguisti che il bambino sfugge i modi di dire, le parole idiomatiche e tutto il surplus proprio dell’interrelazione con l’interlocutore e la comunità a cui appartiene. Gitti si guarda bene nel suo lavoro di citare autori sordi che hanno approfondito queste tematiche: li emargina, non li considera. E’ un’osservazione che conferma critiche preconcette: studiare il linguaggio dei sordi, non solo la lingua dei segni, significa venirne a capo con i protagonisti per crescere con la loro lingua.

Renato Pigliacampo www.renatopigliacampo.it

Giuseppe Gitti è un nome che, per tutti coloro che si interessano di sordità infantile in maniera non superficiale, non dovrebbe avere bisogno di presentazioni. Profondo conoscitore della realtà delle persone sorde, che conosce e frequenta, personalmente o professionalmente, fin dal lontano 1959 (parleremo nel 2009 di mezzo secolo di attività, la qual cosa ne fa un'autorità sul campo), Gitti è noto per essere autore scomodo e controcorrente, “oralista” convinto, e, proprio per questa netta presa di posizione, sovente ostracizzato dall'establishment del settore. Inoltre, la sua onestà intellettuale e la perplessità di fronte ad alcune situazioni estreme verificatesi negli ultimi anni con l'avvento dell'impianto cocleare, gli hanno alienato simpatie anche tra coloro potenzialmente “dalla stessa parte”. Gitti è un oralista fermo e chiaro, senza cedimenti: ma deve essergli riconosciuto che la sua posizione non è frutto di partigianeria o pregiudizio ideologico, bensì della sua lunghissima esperienza professionale, e del contatto continuo con persone sorde, le loro realtà, e i loro problemi quotidiani. E' quindi con grande curiosità che veniamo in possesso della sua terza opera divulgativa, dopo “Sentire Segni” (1992) e “I sordi sentono” (2000). E' bene dire che subito che ci troviamo di fronte a un testo diverso dai precedenti: mentre i primi due erano a carattere più divulgativo, questo volume, pur non rinunciando allo stile tipicamente colloquiale di Gitti, si rivolge in maniera più marcata al pubblico degli addetti ai lavori. Ma nessuno si aspetti cambiamenti riguardo le opinioni di fondo: Gitti è autore che ama parlar chiaro. Chi cerca frasi fumose, ambigue, a molteplici interpretazioni, che dicono tutto e il contrario di tutto, “buone per tutti gli usi”, è bene che si astenga da questo libro. Le posizioni di Gitti possono anche essere discutibili, ma non si può dire che non siano chiare e nette, e soprattutto, documentate. Ed è qui che arriva una sorpresa: quante volte si è ripetuto che le posizioni oraliste sulla sordità infantile “non hanno bibliografia adeguata”, “non sono scientificamente documentate”, “sono frutto di osservazioni personali”? Ebbene, la bibliografia presente in questo volume è di dimensioni tutt'altro che trascurabili e presenta interessanti novità. Fa una certa impressione sentire professori dell'Università Gallaudet (la principale culla della “cultura sorda” statunitense) affermare che la lingua dei segni americana è “un mito da sfatare”, oppure che le persone sorde cresciute con la lingua dei segni sono “intellettualmente scarse” (per la cronaca, uno di questi professori è stato cacciato via dall'università Gallaudet in seguito a queste affermazioni). Per non parlare di linguisti assai critici riguardo l'affermazione che la lingua dei segni sia “una lingua a tutti gli effetti”. Affermazioni che fanno un certo effetto se pronunciate ad alti livelli, e sono le benvenute, in un settore dove la dialettica e il confronto (documentato) tra le parti sono inesistenti. Non staremo a ripercorrere la summa del pensiero di Gitti, che è già ampiamente trattata nei testi precedenti. Basti dire che le affermazioni dell'autore riguardo la sordità, la lingua dei segni, il trattamento di (ri)abilitazione sono, oltre che documentate nella bibliografia, anche supportate da esperimenti e prove pratiche, esposti dettagliatamente. Interessanti, tra le altre, anche le considerazioni a proposito della logocromia come “metodo di riparazione” (poche frasi espresse a voce sono più utili, nei rapporti quotidiani, rispetto alla lingua dei segni, a meno di non vivere in una comunità interamente composta da sordi). Addirittura “sacrileghe”, in certi ambienti, le perplessità espresse sulla leggerezza con la quale si ricorre all'impianto cocleare (E' davvero necessario “impiantare” un bambino a soli otto mesi di vita?). Altra novità di rilievo è la presenza di un DVD allegato al volume, contenente una parte audio e video su “simulazioni” di sordità, lettura labiale, prove esplicative ed esercizi vari. Giuseppe Gitti sarà anche autore scomodo e bastian contrario, ma al momento appare essere uno dei pochi che parla per esperienze e non per teorie più o meno astratte. E' auspicabile che questa nuova fatica letteraria venga accolta (bene? male? non ha importanza: ciò che conta è la discussione) in un ambiente asfittico dove il confronto ad alto livello sembra essere scomparso in favore di tutt'altre considerazioni, talvolta a livello di bassi interessi di parte. Ce lo auguriamo caldamente.

Andrea Pietrini

Si legge nella conclusione del libro "...paradossalmente la sordità è meno disabilitante della sua conseguenza, cioè dell'assenza della lingua". Si racchiude in questa frase il senso del lavoro di Gitti, logopedista esperto ed attento che in tanti anni di lavoro appassionato ha costruito una competenza difficilmente eguagliabile sul mondo dei sordi, le loro problematiche, la loro lotta per una vita il più possibile normale. Tutto per non far credere che il sordo sia "solo" un'orecchio che non sente ed una bocca che non parla.

Simone Pancani

Trattasi di una pubblicazione assai interessante , perché scritta da un professionista di grande esperienza, creatore e responsabile del CRO, Centro di Rieducazione Ortofonica di Firenze e docente presso la Scuola di specializzazione dell'Università fiorentina. E' un appassionato saggio in cui si rivendica il diritto dei sordi profondi a parlare ed a sentire leggendo sulle labbra dell'interlocutore, utilizzando le moderne protesi acustiche e ll'impianto cocleare. L'idea ispiratrice è una visione antropologica secondo cui anche per i sordi profondi la “lingua naturale” è quella orale, che va imparata, come tutti, fin dalla più tenera età. Non nega egli l'utilità della LIS, linguaggio italiano dei segni, che può essere appreso dai sordi profondi, dopo aver imparato a parlare normalmente. Il libro è attraversato dalla dura dialettica che ha contrapposto in Italia negli ultimi anni la LIS alla lingua naturale orale , sotto l'influsso di una deriva anglosassone che non ha conosciuto la tradizione oralistica italiana , affermatasi fin dall'Ottocento. Il ragionamento di Gitti, fondato su decenni di esperienze, è che il sordo profondo che necessita della LIS non è libero, abbisognando sempre di un interprete gestuale per comunicare con chi sordo non è. Egli ha invece educato le ultime generazioni di sordi profondi e le loro famiglie a parlare normalmente, in modo che questi nuovi giovani possano veramente integrarsi nella scuola e nella società con tutti e come tutti. Le sue idee sono condivise da numerose famiglie, che si sono riunite nella FIADDA, federazione per la difesa dei diritti degli audiolesi. Ovviamente Gitti non condivide le posizioni di quanti vedono la LIS come la “lingua di una minoranza linguistica”, che ha trovato anche qualche seguace presso uomini di Governo e del parlamento, proprio perché intendere i sordi come comunità e per giunta come minoranza linguistica contrasta con la visione che abbiamo maturato sui principi fondamentali dell'integrazione e dell'inclusione. A maggior ragione egli non condivide , e noi con lui, il fondamentalismo di quanti propagandano “ l'orgoglio sordo”, cioè il diritto a rimanere sordi, anche se i nuovi progressi della chirurgia e delle tecnologie possono fare uscire i sordi dalla sordità. Per queste sue posizioni, culturalmente e scientificamente fondate, egli si trova talora in conflitto con i sostenitori del “gestualismo”, talora rimane isolato nel panorama politico e culturale italiano, dove il gestualismo fa colpo , perché sbalordisce gli sprovveduti , che si lasciano facilmente influenzare dalle ultime novità del mercato mediatico. Per dare un'idea del contenuto del libro, si riporta l'indice dell'opera, facendo presente che il DVD contiene una conferenza e dei filmati sugli aspetti pratici dell'impostazione rigorosamente teorica sostenuta nel volume.

Salvatore Nocera, Vicepresidente nazionale della F I S H , federazione italiana per il Superamento dell'handicap

Abbiamo letto per voi questo testo impegnativo, ricco di informazioni utili e fonte di doverosa riflessione: Sordità e apprendimento della lingua, edito da Franco Angeli. Il volume ci offre sette capitoli attraverso i quali Gitti espone il proprio metodo, cercando di far chiarezza tra gli approcci educativi riguardanti la sordità, di smitizzare pratiche credute miracolose e anche rendersi disponibile alla discussione. Gli argomenti trattati sono veramente molti, mi permetto di sintetizzarne i presupposti metodologici: I bambini sordi sono prima bambini e poi sordi, non sono dei sordi in formato tascabile. L'handicap non è la sordità ma l'assenza della lingua. Cos'è la sordità? Quanti tipi di sordità esistono? Chi sono le persone sorde? L'autore inizia facendo un po' di chiarezza, utile a chi (come me) ha bisogno di spiegazioni chiare, che non per questo siano incomplete. Per poi poter esporre il suo approccio alla sordità, approccio teorico e metodologico, frutto di anni di esperienza e di confronti sul campo. Il metodo praticato da Gitti, definito NATURALE, è fondamentalmente quello ORALISTA: si parte dall'idea secondo la quale una persona sorda per vivere al meglio la propria vita dovrebbe comunque apprendere la lingua. Lingua come risultato ultimo dell'evoluzione dell'architettura neurologica e psicologica della specie umana, alla quale la persona sorda deve essere abilitata. La comprensione non si identifica infatti con l'udire: comprendere è integrare ciò che si sente con esperienza e conoscenza. Il metodo naturale è fondato sulla convinzione che la comprensione preceda l'espressione, convinzione peraltro confermata da infiniti studi neurolinguistici. L'abilitazione del bambino sordo in quest'ottica avviene attraverso modalità totalmente personalizzate, fondate sull'intensità e mai sulla ripetitività. Di qui si sviluppano le discussioni sull'uso delle protesi e sulla possibilità dell'impianto cocleare: ciò che conta è ricordarsi che non sono miracolose e che decidere di scegliere per i figli o di attendere che mettano in atto il proprio diritto all' autodeterminazione non sarà mai una questione semplice. Il suono è spazio, tempo, sonorità. Silenzio, continuità, esplosione, gesto, mimica, movimento [… ] che non udiamo […]. Penso sia estremamente interessante valutare come la capacità di comprendere il significato (concetto) non sia direttamente proporzionale alla capacità di udire il significante (immagine), ma alla possibilità che tutti i segni ricevuti a tutti i livelli siano integrati con tutte le modalità sensoriali, neurologiche e cognitive. Sostituire la coclea può consentire di udire, ma udire non vuol dire né comprendere né imparare a parlare. L'udito non è l'organo della parola, e la percezione uditiva è il risultato di un processo, non è un evento.I tre capitoli successivi sono dedicati alla descrizione delle tecniche dell'abilitazione e dei problemi connessi, il sesto è dedicato alle tecniche di apprendimento della lingua dei sordi extracomunitari. Nel capitolo finale l'autore ci racconta perché è stato definito un retrogrado oralista. Non certo per metodi abilitativi del suo centro quanto per la “polemica” con i sostenitori della LIS: Gitti continua a considerare la LIS un linguaggio, e non una lingua. Pur riconoscendone dignità e utilità non può fare a meno di negare la possibilità di un bilinguismo che non nasca dalla precedente acquisizione della lingua orale.Di forte impatto (per le persone udenti) il DVD allegato: una simulazione di come possono sentire le persone sorde, un esercizio di lettura labiale in cui cimentarsi e altro materiale estremamente interessante.Il volume è disponibile in tutte le librerie al costo di 19 €. I diritti d'Autore saranno devoluti all'Associazione “La sordità non ha colore” per la costruzione di un istituto per bambini sordi in Congo (www.lasorditanonhacolore.it) Giuseppe Gitti è inoltre autore di Sentire segni (1992), I sordi sentono (2000) e La sordità non ha colore (2006), Edizioni C.R.O.

www.disabili.com

Con una curiosa cadenza regolare di otto anni (1992, Sentire segni, 2000, I sordi sentono) Gitti Fondatore del C.R.O. di Firenze e Direttore della rivista I CARE, esce per la terza volta con una monografia “Sordità e apprendimento della Lingua”. Il libro è corredato dalla prefazione di Floridia Nicolai, Professore Associato di Linguistica presso l'Università di Pisa e della presentazione in quarta di copertina di Oskar Schindler, Professore Ordinario di Audiologica-Foniatria presso l'Università degli Studi di Torino. Un saggio non facile, dalla semplicità ingannevole che nasconde idee e concetti elaborati in oltre quarant'anni di attività nel campo della sordità. Gitti, sempre aderente alle idee di Don Milani, anche qui dipana l'intero trattato all'insegna delle ormai famose parole dell'educatore “è solo la lingua che ci fa eguali”, percorrendone entrambi i versi: è la lingua che ci rende uguali e siamo tutti uguali perché la lingua è una sola. Concetti apparentemente banali che prendono fuoco quando traslati nel campo della sordità toccano tutti i temi scottanti attualmente in campo: la metodica abilitativa, l'impianto cocleare, la lingua dei segni, gli obiettivi perseguibili. Completa il volume un cd contenente, a titolo esemplificativo di quanto esposto nell'opera, “esperienze sensoriali” sperimentabili

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sordo o Sordo? - Giuseppe Gitti

sordo o Sordo Dal fondatore e direttore del Centro Rieducazione Ortofonica, un testo che si interroga su numerosi aspetti del mondo della sordità: acquisizione o apprendimento della lingua? Protesi o impianto cocleare? Quale metodo per l’abilitazione/educazione del bambino sordo? La LIS: una lingua o un linguaggio? La sordità: un deficit o uno status?

Per informazioni: i.care@libero.it

Recensioni“Il volume di Gitti, lungi dall’essere esaustivo riporta molto bene l’ intero panorama in modo dettagliato: è una esposizione da storico che non trascura di menzionare e specificare le caratteristiche del dibattito in atto. Non ho nessuna remora ad affermare che nessuno ha la competenza, la passione, l’interesse, l’esperienza, la vis polemica di Gitti che, però, ha sempre cercato e cerca il dialogo e il confronto sulla teoria e, soprattutto, sulla pratica e sulla verifica dei risultati raggiunti dai sordi che hanno frequentato e frequentano il suo Centro. Ho l’impressione che il volume abbia la struttura di un’opera a futura memoria e che contenga molto di più di quanto ogni singolo studioso del campo possa voler ricercare. E’ una pietra miliare e come tale deve essere considerata”.

dalla presentazione di Oskar Schindler

"L’ultimo lavoro di Giuseppe Gitti (“sordo o Sordo?”, Franco Angeli editore, 2013) non segue più la cadenza del numero otto caratteristica dell’autore –otto anni di distanza tra un libro e l’altro- tuttavia può ritenersi probabilmente il volume che racchiude tutti i precedenti, al tempo stesso completandoli. Tanto i volumi precedenti erano schietti e alla mano, quanto quello attuale vuol essere preciso e rigoroso. Uno dei rimproveri che venivano mossi ai volumi precedenti (e segnatamente i primi due) era la presunta mancanza di fondamento scientifico dei concetti esposti. Per anni si è ascoltata la litania che quanto espresso in quei volumi fosse solo la parziale visione dell’autore, senza supporto della comunità scientifica. Ebbene, chi scrive questa recensione si è preso la briga di andare a contare i riferimenti bibliografici al termine del presente volume: ci sono circa 280-300 “references”, e penso che questo semplice dato possa far capire con quanta cura sia stata approntata la stesura di questo testo; e allo stesso tempo il background scientifico alle spalle. Chi si aspettava un ennesimo libro sulla falsariga dei precedenti, ovvero “leggibile e scorrevole”, che tratta il lettore come un vecchio amico al quale spiegare la situazione in maniera colloquiale, probabilmente resterà un po’ deluso; ma chi invece vuol avere in mano un testo che parli scientificamente della sordità -ma da un punto di vista beninteso fuori dal coro- avrà di che ritenersi soddisfatto. Ma quale è la differenza tra questo volume e i precedenti? Essenzialmente, il modo in cui è strutturato. Mentre i volumi precedenti (di cui è sempre caldamente consigliata la lettura) erano per l’appunto “colloquiali”, in quest’ultimo invece viene messo in primo piano la rigorosità e fonte di ogni affermazione: non vi è una sola pagina infatti dove non vengano fatti uno o più richiami bibliografici. Tutto viene messo “nero su bianco”, con riferimenti e richiami esatti. Ovviamente, vi è spazio anche per gli aneddoti personali dell’autore; ma questi sono tenuti separati dall’esposizione propriamente scientifica, ponendo attenzione a evitare di mescolare il soggettivo con l’oggettivo. Il libro è diviso in capitoli separati e in ognuno viene trattato un argomento specifico: apprendimento della lingua, protesi acustica, impianto cocleare, abilitazione, educazione, LIS come linguaggio o come lingua, bilinguismo, sordità e disabilità, eccetera. Non si entrerà nel merito dei contenuti in quanto, per chi si interessa di sordità, il pensiero di Gitti dovrebbe essere noto: essendo a contatto con le persone sorde fin dalla fine degli anni ’50, ai tempi cioè degli antichi “Istituti per sordomuti”, e in seguito alle esperienze vissute, l’autore si è convinto a un “oralismo” al quale non è mai venuto meno. Uno degli aspetti più interessanti della scrittura di Gitti, che raramente è stata posta in evidenza, è infatti proprio questa: il metodo induttivo insito in ogni ragionamento. Si procede cioè “dal particolare al generale”. Gitti opera cioè al contrario di altri “esperti” che ragionano deduttivamente: si appellano cioè ad assiomi generali (dimostrati?), per estrapolarne conclusioni … ancor più da dimostrare. Quando Gitti dice di essere un convinto sostenitore della causa oralista, non lo fa per “partito preso” o per voler essere “bastian contrario” a priori. Lo fa perché, avendo fatto esperienza del contrario, essendo stato per anni a contatto con i “sordomuti”, all’interno degli “istituti”, ha potuto toccare con mano la situazione, e tutti i grandi problemi della sordità. E, di riflesso, è riuscito a farsi una opinione precisa su quale fosse la soluzione migliore per le persone sorde (attenzione: la soluzione migliore “per le persone sorde”, non “per quelli che si occupano delle persone sorde”….) Un altro aspetto degno di nota è il fatto del come ogni aspetto della sordità venga esplorato ed analizzato, in maniera neutrale e non partigiana, nonostante le posizione dell’autore siano chiare. Da questo punto di vista, si ritiene che sia proprio qui che il volume di Gitti mostri uno dei suoi punti di forza: non c’è partigianeria sfacciata, come in troppi altri scritti “scientifici” o presunti tali; al contrario, il tono si mantiene sempre assai pacato. La sensazione generale è che Gitti voglia dire al lettore: io ho delle idee precise a proposito di sordità -idee che ho sviluppato stando a contatto per decenni con le persone sorde- e vorrei spiegarti su quali motivi –scientifici, non “personali”- sono basate. Ecco il ragionamento induttivo: dal particolare al generale. Partire dai piccoli elementi, per arrivare alla grande teoria d’insieme. Dal momento che non possono esistere solo aspetti positivi, quale è il punto negativo di questo volume? Essenzialmente, è il fatto che esso viene pubblicato in un momento storico che non è esagerato definire terribile. L’interesse per le tematiche della disabilità è ai minimi termini, così come la partecipazione delle persone potenzialmente interessate. Mentre ancora pochi anni fa sembrava esserci almeno una parvenza di dibattito o interesse culturale, il momento odierno è caratterizzato da un sostanziale disinteresse. Non nei confronti della sordità, beninteso, bensì disinteresse e disimpegno generale in tutte le tematiche. Sarebbe un vero peccato che questo volume non diventi un’occasione per dibattiti e discussioni.

Andrea Pietrini

Il libro di Gitti affronta una questione da decenni dibattuta e ancor oggi irrisolta: quale sia l’educazione ottimale per le persone sorde. Il tema è considerato a trecentosessanta gradi, partendo da ricerche e studi su aspetti sia neurolinguistici che psicosociali e socioculturali. Che cosa è auspicabile per favorire la qualità della vita delle persone sorde? Questa domanda che si pone l’Autore e che attraversa l’intero testo ha la sua origine dalla questione se la sordità sia fondamentalmente una diversità fra le altre che caratterizzano ‘l’umanità’ di ogni individuo o se debba essere considerata un ‘carattere’, un ‘tratto’ tipico di un gruppo (una minoranza) che è comunità altra rispetto alla società. La risposta a tale quesito è strettamente collegata alla risoluzione di problemi pedagogici e riabilitativi che implicano risposte sia mediche sul tipo e sul grado di deficit sia educativo didattiche (metodologie di recupero e sostegno) a seconda della terapia scelta (protesi acustica o impianto cocleare). Come in ogni situazione umana, anche nella storia di una persona sorda non si pongono quasi mai degli out- out, ma la complessità dei fattori e dei meccanismi di crescita e maturazione rendono l’abilitazione e la riabilitazione percorsi articolati, vissuti in profondità, caratterizzati da un’alternanza di esperienze e sentimenti che necessitano di essere considerati e presi in carico qualsiasi sia il deficit della persona e la strada intrapresa per compensarlo. In tali dinamiche la famiglia ha un ruolo determinante: l’essere figli di genitori udenti o di genitori sordi e l’età di insorgenza della patologia incidono sulla scelta educativa e terapeutica e sul progetto di vita della persona con sordità. E’ la famiglia la realtà sulla quale l’Autore si sofferma maggiormente evidenziando l’importanza dei legami in essa presenti e delle relazioni che può e deve instaurare con la scuola e i servizi sanitari. Si, ma quale scuola? Il dibattito scuola comune – scuola speciale in Italia, in realtà, non si è mai chiuso sin da quando negli anni ’70 dal punto di vista legislativo il nostro Paese optò per l’integrazione di tutti nella scuola normale. Un sfida ed un impegno che ancora viene sostenuto con fatica, ma il cui rilancio, in questo particolare momento storico di crisi e di trasformazione, è cruciale ma anche difficile da realizzare e da mantenere. Le contingenze economiche e politiche, accanto al cambiamento della nostra società che sta acquisendo sempre più connotazioni interculturali e tratti pragmatico - efficientistici non aiutano a tenere fermi diritti e valori che la pedagogia speciale aveva sostenuto quaranta anni fa. E’ necessario affrontare i problemi con più competenza e professionalità, sapendo ciò che è certo di ogni situazione e ciò che non lo è, consapevoli che la complessità, la diversità , la povertà delle persone non devono far paura, non sono una minaccia, non sono ‘contagiose’, ma sono opportunità per una più profonda coscientizzazione socioculturale e personale. Il messaggio che il libro riesce a trasmettere è che la differenza fa parte della natura umana: siamo uguali nella diversità e proprio per questo dobbiamo essere responsabili per noi e per gli altri del tempo e dello spazio che ci è concesso di vivere, abbiamo diritti e doveri da affrontare secondo principi di equità e giustizia nel rispetto reciproco e senza arroganza.

Mariateresa Cairo, Professore Associato,Facoltà di scienze della Formazione – Milano – Dip. Di Pedagogia

Giuseppe Gitti ha scritto un libro bello e utile [G. GITTI (2013), sordo o Sordo?, Milano, Franco Angeli]. L'Autore dirige il Centro di Rieducazione Ortofonica, a Firenze, avendolo fondato, e, dal 1966, dirige la rivista “i care”. Il titolo della rivista è di ispirazione milaniana. Non a caso. Giuseppe Gitti ha avuto la possibilità di vivere l'esperienza di Barbiana con don Milani. Il titolo del libro è particolarmente azzeccato, volendo l'Autore cercare di dare risposta alla domanda se dobbiamo ipotizzare un Paese dei Sordi; o se possiamo contribuire a vivere un'umanità con i sordi? Incontriamo un bambino sordo e un Sordo bambino? Giuseppe Gitti non è certo il primo a porsi questo problema. Ma la sintesi con cui lo formula è decisamente utile a non perdersi nella stessa formulazione. O non anticipare nella formulazione stessa una polemica che è stata, ed è, a volte infuocata. Gitti evita con intelligenza ogni possibile polemica. La sua è una continua ricerca di prove, evitando ogni giudizio a priori, altrimenti detto pregiudizio. Ad esempio: a proposito dell'impianto cocleare, l'Autore non è né pro né contro. Aspetta i risultati che però vorrebbe fossero non relativi a una generica popolazione di sordi. Ritiene che riferirsi ai sordi, come se fossero tutti uguali, sia non capire. La curiosità di conoscere, di distinguere, di aggiustare il tiro... E quindi di fare riferimento a sordi lievi, medi, gravi, profondi. E quindi sottoporre ogni opinione ed ogni giudizio al vaglio di queste necessarie precisazioni: questo è il tono e la ragione del libro. Che percorre la storia evitando con cura intelligente di ricostruirla avendo una tesi da dimostrare. Chi conosce anche solo un po' l'argomento avrà già capito che l'Autore non è né per i fautori del linguaggio orale, o oralisti, né per quelli del linguaggio dei segni, o segnanti. Li rispetta tutti, cercando di capirne le ragioni, senza perdersi in psicologismi ma badando ai risultati. Decisamente convinto, sulla base dei fatti, della prospettiva inclusiva e dell'integrazione scolastica, Gitti ritiene fondamentale che vi sia competenza da parte degli insegnanti. Ma se la competenza viene ridotta al generico “popolo dei sordi”, con corsi che vorrebbero risolvere il problema in questa maniera, approssimativa e finta, allora è quasi meglio evitare di spacciare competenze. Meglio una più specifica supervisione relativa al singolo. E quindi una maggiore importanza dei servizi, tenendoli lontani da ogni medicalizzazione e da ogni specialismo che pretenda dare risposte omogenee e seriali a tutti. Credo che la domanda del titolo porti chi legge a voler vivere un'umanità con i sordi. Ma avrà imparato, da Giuseppe Gitti, se incontrasse un Sordo, a rispettarlo.

Andrea Canevaro

L’Editore Franco Angeli ha recentemente pubblicato l’ultimo di una serie di interessanti libri scritti da Giuseppe Gitti, fondatore e Direttore del CRO, Centro di riabilitazione audiofonica e della rivista specializzata “ I care “, dal titolo “ sordo o Sordo?”, con prefazione di Oscar Schindler, pp 156 Euro 20,00. Il libro è molto interessante poiché affronta un annoso problema riguardante l’educazione dei sordi circa la oppotunità/necessità per i sordi nati sordi-profondi di comunicare con l’oralismo o il linguaggio mimico-gestuale, oggi riqualificato come LIS, lingua Italiana dei Segni. La trattazione , con ampie citazioni bibliografiche sia dei sostenitori della LIS che dei suoi critici primo dei quali l’Autore, si sviluppa per 11 capitoli ed una conclusione. Il capo 1 dal titolo “ Il sordo chi è costui?” traccia a grandi linee la storia di come i sordi sono stati considerati a partire dall’antichità , dove si apprendono cose assai interessanti,ignorate dai più. Molto importante apprendere che nel congresso di Milano del 1880 fu sancito il principio delloralismo come mezzo comunicativo dei sordi in Italia; tale orientamento , allora accettato anche nelle scuole speciali per sordi, cominciò ad essere contrastato prima e poi contestato dalle stesse scuole speciali e dall’ENS, ente Nazionale Sordomuti,, quando con gli ultimi Anni Settanta fu sancito con l’art 10 della l.n. 517/1977 il diritto all’inclusione dei sordi nelle scuole comuni. Il secondo capo intitolato “ Acquisizione o apprendimento della lingua “ è piuttosto tecnico, ma comprensibile, ed illustra la distinzione tra “ capire, sentire, udire “. Il terzo capo intitolato “ Protesi acustiche ed impianto cocleare “ mette in luce l’attuale realtà dei sordi prelinguali ( cioè divenuti tali alla nascita o prima dell’apprendimento naturale della lingua orale ) che oggi sono messi in grado di poter sentire e quindi di poter apprendere la lingua parlata . Il quarto capo, intitolato “Abilitazione e/o educazione “ piuttosto tecnico, ma comprensibile a tutti, punta l’attenzione sull’apprendimento della parola con la riabilitazione e la lettura labiale. Il quinto capo intitolato “Sordità e turbe associate “ fissa l’attenzione sulla negazione del fatto che i sordi abbiano , in quanto tali, disturbi specifici di apprendimento. Il sesto capo intitolato “ LIS: linguaggio o lingua?” costituisce una pacata ma pressante critica all’affermazione della LIS come lingua italiana dei segni, sostenendo invece che trattasi di un linguaggio che manca dei requisiti perché possa parlarsi scientificamente di una lingua. Il settimo capo, intitolato “ Bilinguismo “ critica la tesi di chi vorrebbe che i sordi dalla nascita imparassero dapprima la LIS e poi la lingua orale, sostenendo invece il contrario nel caso un sordo voglia imparare pure la LIS. L’ottavo capo, intitolato “ L’interprete LIS “ discute su questa figura di mediatore linguistico. Il nono capo , intitolato “ I sordi profondi parlano “ affronta il dibattito se la LIS faciliti o meno l’apprendimento della lingua e discute pure dell’importanza della lettura. Il decimo capo, intitolato “ sordo o Sordo? “ spiega il significato dato al titolo del libro ed è una vibrante confutazione , pacata ma ferma della LIS come lingua di una minoranza linguistica. La tesi è sviluppata con condivisibili argomentazioni giuridico-costituzionali, linguistiche ed antropologiche.Queste argomentazioni hanno convinto le commissioni parlamentari a rigettare una recente proposta di legge tendente a far riconoscere la LIS come lingua della minoranza linguistica della comunità dei sordi italiani. Il capo undicesimo , intitolato “ Sordi o disabili “ insiste sul fatto che i sordi , specie in Italia, non possono essere considerati una comunità, come avviene in America, ove addirittura vi sono gruppi che hanno “ l’orgoglio sordo “, cioè non vogliono sottoporsi ad interventi chirurgici per poter acquistare l’udito, essendo orgogliosi del loro “ status “. Per questo nei Paesi anglosassoni la LIS è considerata la lingua dei sordi, mentre in Italia, specie dopo le moderne protesi e l’impianto cocleare, ormai i sordi sono considerati non più “ sordo-muti “ , ma solo sordi che però possono imparare a sentire ed a parlare e quindi ad integrarsi nella società senza nulla perdere e senza la necessità della “ protesi umana “ costituita dagli interpreti gestuali. Il libro , che non ha gli accenti polemici presenti in precedenti pubblicazioni dell’Autore, si raccomanda per la serietà di argomentazioni, la molteplicità delle citazioni bibliografiche favorevoli e contrarie alle tesi sostenute e risulta assai utile alle famiglie che vogliono educare i propri figli sordi , specie se natida genitori udenti, che sono la quasi totalità, ad una effettiva inclusione sociale. Esso risulta pure assai utile agli operatori dei servizi, specie agli insegnanti per fugare in loro i pregiudizi inveterati circa l’impossibilità dei sordi profondi ad imparare a leggere, scrivere e parlare la lingua di tutti.

Salvatore Nocera

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